Antonello Marzolla, Segretario Generale dell’USARCI, ha rilasciato qualche giorno fa un’intervista sul quotidiano La Repubblica. Si è parlato dell’attuale situazione di Agenti e Rappresentanti alla luce del coronavirus. Quali sono i settori più colpiti? Cosa chiede l’USARCI all’Enasarco?
“Non si produce e non si vende
24mila agenti presi in mezzo”
Autore: Massimiliano Sciullo – La Repubblica
Fonte: La Repubblica – Ed. Torino, 08/04/2020 estratto da pag. 4
«Siamo collocati tra le aziende che producono e le realtà che vendono. In questo momento è tutto fermo». Incudine e martello: il Coronavirus ha tradotto la metafora in realtà. E a soffrirne le conseguenze è la categoria degli agenti di commercio, sorpresi anche loro dalla pandemia, ma con problematiche e necessità molto particolari. «Da un lato ci sono situazioni terribili con produzioni ridotte al minimo, dall’altra ci sono le realtà che hanno chiuso, non vendono e quindi non riforniscono il magazzino: la situazione è drammatica».
Parola del torinese Antonello Marzolla, con una lunga militanza all’intemo di Usarci Piemonte e oggi segretario nazionale dell’Unione sindacati agenti e rappresentanti di commercio.
Quali sono gli effetti dell’emergenza Coronavirus, sulla vostra realtà professionale?
«La nostra Categoria è in grande difficoltà, i pagamenti vengono effettuati a trimestri solari e si può immaginare cosa succederà adesso, ma soprattutto a giugno, senza dimenticare che al 90% si tratta di ditte individuali e che non esistono ammortizzatori sociali specifici. Tra tutti i provvedimenti che sono stati messi in campo in questo momento, solo quello dei 600 euro è accessibile, ma è ampiamente insufficiente rispetto alle necessità di chi fa questo lavoro».
Quali sono i numeri della categoria?
«Per il Piemonte parliamo di circa 24mila agenti di commercio, mentre su scala nazionale siamo di fronte a una realtà che aveva già pagato un conto salatissimo alla crisi precedente: si era scesi da 340mila a 240mila operatori, la stessa tendenza che ha colpito Torino e la sua regione».
Ci sono settori più in sofferenza?
«Basta immaginare quei settori che al momento sono fermi: l’abbigliamento, ma anche il calzaturiero. E poi il turismo, i bar, la ristorazione, senza dimenticare le macchine utensili. Chi compra, in questo momento, macchine utensili? Per di più in un comparto come quello dell’automotive che già prima del Covid-19 era in frenata. Soltanto a Torino e provincia ci sono circa mille agenti che lavorano nel settore dell’auto ed è facilmente immaginabile la sofferenza, al momento».
Sull’altro piatto della bilancia, ci sono settori che invece danno buone performance?
«Quelli legati all’attualità: la farmaceutica, oppure l’impiantistica ospedaliera, solo per citarne alcuni. Ma sono situazioni isolate: in generale, su scala locale e nazionale, i cali per l’80% della categoria spaziano dal 50-75% in maniera trasversale».
Alla luce dei provvedimenti già approvati, cosa vi aspettate dal Governo?
«Al di là dei provvedimenti a pioggia approvati fino a qui, bisogna saper entrare all’intemo delle singole categorie, capendo e individuando esattamente cosa serve e in quali modalità. Noi, per esempio, abbiamo allestito un Osservatorio proprio per avere risultati e numeri puntuali per poter davvero fornire il quadro della situazione per la nostra professione».
E nel frattempo, cosa potete fare?
«Il grosso tormento che ci portiamo dentro in questo momento è legato al fatto di potere accedere alle risorse del nostro ente di previdenza, Enasarco. Ci sono dei parametri molto rigidi da rispettare e siamo sotto la giurisdizione di due ministeri, quello del Lavoro e quello del Tesoro. A loro chiediamo di poter fare in modo di sbloccare 150-200 milioni per dare qualche risposta almeno provvisoria alla categoria. Ma in questo momento ci rendiamo conto che l’unica che esce indenne dalla pandemia è la burocrazia italiana: basti pensare che ci viene chiesto di votare il rinnovo degli organi per il 17 aprile proprio mentre tutto è bloccato e i nostri associati si chiedono come trovare le risorse per andare a fare la spesa».