Lunedì, in teoria, riaprono i negozi di abbigliamento ma, nella migliore delle ipotesi, serviranno almeno 3 stagioni perché la situazione torni alla normalità per gli agenti di commercio che operano nel settore.
“Per questo – spiega Antonello Marzolla, segretario generale USARCI – pensiamo ad una serie di soluzioni che consentano di superare la fase di emergenza e preparino il rilancio”.
Una strategia opposta rispetto a quella di un governo che predilige gli interventi a pioggia e l’indebitamento che produrrà solo fallimenti.
Da dove ripartire, allora? Per quanto riguarda la fase di emergenza, Marzolla insiste sull’anticipo di una quota del Firr. Con modalità analoghe a quelle dei dipendenti, tenendo conto che Enasarco deve rispettare parametri che garantiscano comunque il pagamento delle pensioni attuali e future. Il problema, però, è che su questo fronte ci si scontra con l’immancabile No di Confindustria. Da sempre contraria ad ogni iniziativa a favore degli agenti, dimenticando che il 70% del Pil è intermediato proprio dagli agenti di commercio e che non ci sarà nessuna ripresa senza il coinvolgimento della categoria.
E poi, per legge, serve il via libera dei ministeri del Lavoro e dell’Economia. Altro esempio di disattenzione. “Da tre anni – ricorda Marzolla – abbiamo presentato un progetto per la riforma della previdenza di Enasarco. Da tre anni non è arrivata alcuna risposta dai ministeri coinvolti”.
In attesa che un ministro si commuova anche per la sorte degli agenti di commercio, la categoria deve dunque procedere per proprio conto. E dall’USARCI parte la proposta di un accordo di filiera, ad iniziare proprio dal settore dell’abbigliamento. “Negozianti ed industriali devono capire che gli interessi sono i medesimi e che se il settore non riparte, ci rimettono tutti. Chiudono tutti”. Per questo si potrebbe ipotizzare un bonus da 500 euro destinato alle famiglie per l’acquisto di abbigliamento. Ci sono bonus per l’edilizia, per il turismo, per le biciclette. Perché non ci possono essere per l’abbigliamento?
Se i negozi non vendono, gli ordini non ripartono. E se non ripartono, si ferma anche la produzione. Gli arresti domiciliari hanno impedito gli acquisti nei negozi. È saltata un’intera stagione. Gli ordini sono stati disdettati, tutto si è fermato. Un bonus permetterebbe di guardare con minor pessimismo alle prossime stagioni, nonostante sia già iniziata una nuova fase di terrorismo psicologico in previsione dell’autunno.
Dunque occorre che l’intera filiera faccia sistema, collabori. Mettendo fine a comportamenti indecenti come quelli delle mandanti che non solo non pagano le provvigioni dovute, ma si rifiutano persino di consegnare gli estratti conto delle provvigioni per evitare di ritrovarsi con decreti ingiuntivi.
Fonte ElecToMag – Autore Enrico Toselli
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